Curiosità Dall'Italia e Mondo

Un’albiolese in Africa – “Stare a casa”, a volte è un privilegio

Hey amici, quanto tempo, come state?

Oggi, giusto perché voglio fare l’originale ed andare controcorrente, parlerò del coronavirus.

Okay, okay, avete ragione. Immagino che sarete stufi marci di sentirne parlare ma, prima di chiudere la pagina e spegnare il computer, datemi almeno una possibilità.

Sapete, ci ho pensato molto prima di scrivere questo articolo.

A che scopo mettermi a parlare del coronavirus? Non siamo già fin troppo oberati di articoli a riguardo?

Sinceramente non so bene cosa mi abbia spinta a cambiare idea. Forse il fatto che sono un po’ preoccupata per me visto che, adesso, ho iniziato ad adottare anch’io la filosofia africana del “se Dio vuole” e, se continuo così, tra un po’ inizierò anche a pregare.

Essì, perchè a volte pregare è la nostra unica chance.

Welcome on board

Eccoci qui, a vivere tutti insieme questa assurda situazione. Esatto, assurda. Non saprei come descriverla con un’altra parola.

Una di quelle situazioni che mai ci saremmo aspettati di trovarci ad affrontare.

Voi in Italia. Io in Zambia. Poco importa.

Questa volta sulla barca ci siamo proprio tutti.

Questa volta sulla barca ci siamo anche noi.

In tanti siamo stati chiamati a stare in casa, cosa che ha portato drasticamente a cambiare la nostra vita. Ci ha privati senza dubbio delle nostre libertà. Ci ha privati di quelle attività che fino ad ora costituivano il perno della nostra vita e gli davano un significato.

Il doversi rinchiudere in casa è sicuramente un sacrificio che siamo stati chiamati a fare ma, allo stesso tempo, è anche un grande privilegio che, in tanti, troppi, non potranno permettersi.

L’hashtag “Io resto a casa” non è per tutti

È un privilegio che, la maggior parte degli abitanti di Lusaka, non può permettersi.

Cosa succede infatti a tutte le persone che vivono nei compound dove la loro casa non è altro che un tetto in lamiera sotto il quale dormire? Dove i bagni non sono nelle case ma all’aperto e sono spesso condivisi con altre famiglie? Dove non c’è né acqua corrente né elettricità?

Cosa succede a tutte quelle persone le cui sopravvivenza è legata al settore informale? A tutte quelle persone che devono uscire per le strade e cercare di vendere la loro mercanzia per garantirsi il pranzo?

Igiene, isolamento, smart working. Tre cose semplici e banali per qualcuno. Una chimera per qualcun altro.

E così ecco che abbiamo una città divisa a metà. Un mondo diviso a metà.

Dove si trova lo Zambia?

L’altra metà del mondo

Chewe. Il mio amico calzolaio.

Ormai è già passata una settimana da quando l’ho visto l’ultima volta e nonostante ciò, non riesco a smettere di pensare alla nostra ultima conversazione.

Io che lo riempivo di raccomandazioni e lo imploravo di prendersi cura di sé. Lui che, nonostante tutto, mi tranquillizzava.

Sì, nonostante tutto, perché la situazione è chiara.

Chewe mi racconta che, adesso, perfino i bimbi nei compound, mentre si rincorrono e schiamazzano per le viuzze polverose, gridano: «Corona ya bwera», che significa letteralmente “Il coronavirus è qui”.

Mentre me ne parla il suo sorriso si trasforma in una risata. Una di quelle risate che lasciano trasparire la tensione ma, nonostante ciò, prosegue: «Rido perché ci dicono di lavare spesso le mani, di evitare il contatto con gli altri e di stare in isolamento. Ma noi? Quando abbiamo la fortuna di avere un secchio d’acqua, lo condividiamo e ciò significa che ci laviamo le mani in dieci persone nello stesso e, ovviamente, senza sapone. Chi ce li ha i soldi per comprarlo?»

Aggiunge: «Stare casa? Significherebbe morire di fame».

Mi racconta di come è sopravvissuto all’epidemia di colera poco più di 2 anni fa, di come ha perso i suoi genitori e alcuni dei suoi fratelli. L’AIDS una fra le tante cause.

Chewe

Fa una breve pausa e riprende: «Sai cosa facciamo noi poveri? Preghiamo».

Potremmo andare avanti a parlare ancora per ore. Sta però per fare buio e noi siamo arrivati all’incrocio dove le nostre strade si dividono. Lui svolta a sinistra per proseguire in direzione del suo compound, io a destra per raggiungere il mio quartiere.

Ci guardiamo. Lui lo sguardo di chi ne ha viste tante e il sorriso di chi le ha superate tutte. Io gli occhi innocenti di chi non ha visto nulla e la positività di chi non riesce manco a immaginarsi certe cose.

Ci abbracciamo, entrambi con la speranza che andrà veramente tutto bene.

«A presto Chewe»

«Muyende bwino Roberta»

 

– Roberta Bernasconi per Albiolo Today –

 

Lo Zambia è un paese meraviglioso, ma ciò non toglie il fatto che sia ricco di contrasti. Lo Zambia è una terra di fascino immenso ma anche di grandi sfide. Lo Zambia è fonte d’ispirazione ed è la terra dove nasce il blog della Ragazza Arcobaleno, un’albiolese in terra Africana!

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