Albiolo e dintorni Psico-Riflessioni

La relazione terapeutica: Infilare perle di vetro

Una parte consistente di ciò che faccio ogni giorno riguarda la relazione con i miei pazienti, prerequisito imprescindibile per cooperare verso il raggiungimento di maggiori quote di benessere da parte di chi si rivolge a me quale professionista della salute mentale.

E’ all’interno della relazione tra paziente e terapeuta che trovano spazio i contenuti, le narrazioni, i pensieri e le emozioni di cui l’altro è portatore.

E’ sempre all’interno di questa relazione che diviene possibile rinarrare, dare coerenza, significare l’esperienza ed integrarla nella propria storia di vita. Spesso si dice che il nostro lavoro si possa considerare concluso quando il paziente impara a narrare la storia della propria vita. E, aggiungerei, a fare in modo che la ri-narrazione gli piaccia.

L’innamoramento arriva solo in una piccola quota di casi: le storie che maneggiamo, infatti, sono faticose e, spesso, macchiate di dolore. Innamorarsene, a volte, è una sfida impossibile per i pazienti. E, credo, abbiano tutte le ragioni per non riuscirci mai. Se l’inizio di una storia di terapia è pressoché simile per tutti (ma, anche qui, al contempo profondamente diverso per la natura stessa dell’incontro tra terapeuta e paziente), gli snodi, gli obiettivi e la trama che insieme si tesse sono ogni volta peculiari ed unici.

E’ come creare una collana, partendo da perle di vetro di varia forma e colore.

Si inizia cercando di creare un nodo, qualcosa che dia supporto e che possa consentire al lavoro di progredire in avanti, concretizzandosi. Poi, si iniziano ad infilare, una dopo l’altra, le perle in vetro. Per farlo, avendo tra le mani un materiale fragile, occorre metterci cura e metodo; occorre saper scegliere il giusto tempo, verificare la tenuta del nodo posto all’origine, avere in mente una direzione ed un progetto. E, occorre anche sapersi fermare quando, ad esempio, scorgiamo sulla perla che abbiamo tra le mani una sottile e pericolosa crepa. Ogni tanto i due si fermano a contemplare ciò che sta uscendo dalle loro mani (e Menti).

Il prodotto finale, una collana, un bracciale o qualcosa d’altro, sarà reso reso possibile da una relazione a cui, per la professionalità e la finalità in cui è inscritta, aggiungiamo l’aggettivo “terapeutica”.

Alla fine, paziente e terapeuta stringono l’ultimo nodo. Insieme infilano alle due estremità i gancini necessari a chiudere il manufatto, in modo tale che possa essere indossato. Il paziente lo indossa e, con un misto di emozioni, ne ammira colori, luci e sfaccettatura delle perle.

 

Magari non sarà la sua collana ideale: se avesse avuto altre perle o un filo diverso, avrebbe potuto produrre altro. Nonostante tutto, però, si tratta della sua personale collana e, talvolta, arriva a anche a pensare che la indosserebbe volentieri nel mondo.

 

 

Dott.ssa Marta Ostinelli

Psicologa

Largo Adua 3, Cantù

Via Papa Giovanni XXIII, Tavernerio