Sebbene l’infanzia sia la fase caratterizzata dal maggior numero di scoperte e di apprendimenti, credo che sia possibile definire l’educazione emotiva come “continua”, cioè come trasversale ai diversi momenti del nostro ciclo
vitale.
La conoscenza di se stessi, infatti, non si esaurisce certo con il raggiungimento dell’età adulta ma ci accompagna tutta la vita poiché trae linfa dal succedersi di diverse esperienze, dal mutare delle condizioni esterne e dall’evoluzione della nostra rete di relazioni.
Per tutta la vita diviene, così, possibile cercare nuove strategie di risposta ai nostri vissuti emotivi.
Senza accontentarci se non va bene ma continuando a cercare.
Prima di addentrarci nel concetto di educazione alle emozioni, credo sia importante mettere bene a fuoco questa prospettiva: ogni emozione è necessaria, poiché ha favorito e favorisce tutt’oggi l’adattamento dell’essere umano al suo ambiente.
E ciò non vale solo per l’emozione della gioia, di cui tutti condividiamo l’accezione profondamente positiva.
Anche senza paura, rabbia e tristezza, infatti, non potremmo vivere. Paura ci tiene alla larga da situazioni pericolose e potenzialmente mortali. E’ un’emozione dal profondo valore auto conservativo. Se non provassimo paura, potremmo anche accarezzare un orso, con prevedibili e nefaste conseguenze. Rabbia ci informa che qualcosa non va: forse qualcuno sta tentando di prevaricare qualche nostro diritto, qualcosa che riteniamo che ci sia dovuto.
Ci informa che è necessario agire per muoverci a nostra tutela. Tristezza ci fa spesso cambiare rotta; è il campanello di allarme che ci porta a centrarci nuovamente su noi stessi, a cambiare direzione, a venire in contatto con la realtà delle cose, realtà a volte spiacevole ma certamente, e proprio per questo, foriera di cambiamenti.
Educare alle emozioni significa innanzitutto educare all’intera tavolozza emotiva e non solo a ciò che ci piace provare.
Significa riscoprire, come adulti, l’importanza di stare in tutte le emozioni, in modo tale da trasmettere al bambino che anche essere arrabbiati o tristi sia alcune volte assolutamente normale. Anzi, di più. Non solo è normale ma è anche legittimo. Come esseri umani, infatti, siamo legittimati ad impaurirci, arrabbiarci o ad essere tristi, esattamente come è legittimo essere felici ed aver voglia di saltare in preda ad un’estrema gioia.
Chiarita questa cornice, diventa quindi possibile fornire alcuni spunti concreti per praticare un’educazione emotiva “a tutto tondo”:
- Condividere con il bambino le proprie emozioni in modo autentico, senza mettere in campo dissimulazioni a scopo protettivo che, in realtà, aumentano la confusione (se ho paura, la condivido e non la nego);
- Condividere per primi. Una buona parte dell’apprendimento infantile avviene per imitazione: iniziate a parlare voi delle vostre emozioni, i bambini vi seguiranno;
- Validare le emozioni e normalizzarle prima (“E’ normale che tu ti senta impaurito”), cercare insieme una strategia poi (“Cosa possiamo fare per far fronte alla tua paura?”);
- “Fare con”: “Cosa possiamo fare insieme in questo momento per la tua paura?”;
- Disegnare insieme le emozioni. “Che aspetto avrà paura? E rabbia? E tristezza?”;
- Scoprire insieme risorse: “quando ti sei sentito/a così in passato?”,“Cos’hai fatto in quell’occasione?”, “ Cosa ha funzionato secondo te?”;
- Costruire insieme il termometro delle emozioni, in modo tale da poter aiutare il bambino a visualizzare il livello del suo vissuto emotivo con uno strumento concreto (“ok, la tua rabbia arriva proprio fino in cima al termometro. Come facciamo a farla abbassare un po’?”);
Supporti utili per trattare il tema delle emozioni:
Con i bambini più piccoli: libro “I colori delle emozioni” di Anna Llenas;
reperibile in audio e video lettura su: https://www.youtube.com/watch?v=c4tugKhwfQQ
Con i bambini più grandi, fino alla preadolescenza ed oltre: Inside Out, Disney Pixar;
Per qualsiasi dubbio o chiarimento, non esitate a contattarmi!
Info:
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Dott.ssa Marta Ostinelli
Psicologa
