Albiolo e dintorni Psico-Riflessioni

Attraversare l’autunno in tempo di Covid

L’autunno riveste da sempre il ruolo di stagione della ripartenza e della ri-centratura su se stessi e sui propri obiettivi.  In autunno ricomincia la scuola, ripartono i corsi nelle palestre, i programmi televisivi del piccolo schermo, la stagione più densa a teatro e le raccolte a fascicoli nelle edicole.

E’ con settembre, infatti, che ritroviamo struttura e smettiamo di essere fluidi.
Questo in linea di massima, salvo situazioni eccezionali come quella che stiamo vivendo e che ci lascia spesso attoniti, indefiniti, spaventati.

Che autunno sarà questo? Quale sarà la coloritura emotiva che dipingerà le nostre giornate?

Credo si tratterà di un autunno difficile, come è difficile vivere nella minaccia di qualcosa che potrà accadere o, forse, sta già accadendo. La scuola è ripartita, con tutti i grandi quesiti e timori che questo inizio comporta. Dobbiamo convivere con il pensiero paranoico nei confronti di compagni e di insegnanti che potrebbero infettare i nostri bambini e portarci il virus fin dentro casa. Inconsapevolmente.
E non solo: potrebbero infettarli mentre sono a scuola ad imparare dai libri e, cosa più importante, nelle relazioni.
Il pensiero paranoico valica i cortili delle scuole e le mura delle nostre case ed invade tutti gli spazi in cui si consuma la nostra rete sociale di esseri umani.

Dobbiamo convivere con la paura di ammalarci e di non saper distinguere in noi segnali di normale influenza dal virus. Il nostro corpo diviene, così, oggetto iper-investito dalla nostra attenzione, pronti a carpirne segnali di pericolo dati da questo nemico invisibile. Ed ecco un altro elemento: la natura invisibile di ciò che combattiamo, non potendo contare sulla nostra capacità di distinguere nettamente il nemico -cosa che solitamente è rassicurante.

Come possiamo sopravvivere in tutto questo? Come possiamo trovare la forza per andare avanti, “nonostante”?

La risposta credo sia rintracciabile nella possibilità umana della condivisione come capacità di mettere in comune la trama che costituisce la nostra esperienza. Quando mi capita di pensare a cosa possa aiutarci in questa fase, mi vengono alla mente tre concetti fondamentali del processo di resilienza (Selvini, 2020;  in pubblicazione), tre tappe.

Quando c’è stato un evento traumatico – e credo che il Covid lo sia per portata, sentimento di impotenza percepito, mortalità e terrore – diventa importante ristabilire un livello di funzionamento psichico ottimale attraverso un percorso:

  1. riconoscere che qualcosa di grande e spaventoso è avvenuto,
  2. Mettersi in sicurezza
  3. Condividere l’esperienza con qualcuno che ci faccia da “spalla”. Riconoscere che qualcosa c’è stato non è un concetto banale quale appare.

Spesso, infatti, gli eventi traumatici e carichi di sofferenza ci fanno agire attraverso processi di negazione sia individuale che collettiva (in altre parole, neghiamo la portata dell’evento perché sarebbe troppo doloroso confrontarci con la sofferenza che ne deriva).

Credo che il Covid abbia licitato spesso meccanismi di negazione, dalla grande rimozione sociale dell’immagine dei camion dell’esercito a Bergamo alla creazione di un vero e proprio fronte negazionista, di chi afferma che il virus non esista e sia frutto di un complotto.

Definire che c’è stato qualcosa che ha modificato tutto come fosse uno spartiacque è doloroso ma onesto e rappresenta un primo scalino per poter agire come di fronte ad un trauma. Quando si è definito, è necessario mettersi in sicurezza e, nel caso del Covid, credo che vicino a quella psicologica vada in primis considerata la sicurezza fisica (mascherina, distanze …). Ottimo praticare tecniche di rilassamento, dedicarsi ai propri interessi, alle proprie relazioni significative (con attenzione!) e all’attività fisica.

Il terzo punto è la condivisione: porsi in rete, condividere ed ascoltare.
Condividere paure, dubbi, pensieri tristi, proprie visioni delle cose e degli eventi, strategie utili ed inutili messe in campo fino a quel momento.
Condividere crea una trama narrativa che da ordine e che crea il filo dei racconti delle nostre vite.
Possiamo sperare che #andratuttobene attraverso la messa in campo di un atteggiamento consapevole su ciò che oggi potrebbe aumentare il nostro livello di benessere psicofisico. In fondo, anche se a volte riesce proprio difficile pensarlo, non tutti i granelli di sabbia distruggono la vita. Alcuni, con fatica, lavoro e attraverso l’azione delle risorse di risposta del mollusco, diventano perle.

 

                                                                                                                                                 Dott.ssa Marta Ostinelli

                                                                                                                                         Psicologa

                                                                                                                                                     Ricevo su appuntamento a:

                                                                                                                                                  Tavernerio e Cantù

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